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mercoledì 15 ottobre 2008

"Blog Action Day 2008" sulla povertà: io ci sono, e tu?

Come già saprete, il tema scelto per il Blog Action Day di quest'anno è la povertà. Una scelta davvero profetica, effettuata oltre un mese e mezzo fa, che appare tanto più lucida e lungimirante nei giorni in cui l'economia mondiale globalizzata scricchiola e porta con sé ondate di revisionismi, xenofobia e panico malcelato.

La minoranza rappresentata dai Paesi occidentali, che impongono le regole e i comportamenti da adottare al resto del mondo grazie al potere delle multinazionali, si agita e si arrampica sugli specchi sperando di evitare l'onda d'urto che i suoi comportamenti economici e finanziari hanno determinato, tentando semplicemente di mettere la testa sotto la sabbia in attesa che la crisi passi, senza rendersi conto che la crisi è il segnale che un'economia simile non è praticabile né sostenibile, né sul breve né sul lungo periodo.
Che un'economia simile inneggia a una crescita esponenziale e infinita laddove le risorse del pianeta non sono affatto infinite e andrebbero ripartite equamente su una popolazione mondiale che continua a crescere a ritmi vertiginosi. Che un'economia simile genera in realtà povertà per molti e un'estrema ricchezza per pochi, anzi pochissimi.

Le misure per dare nuovo ossigeno alle borse, i tentativi di rinegoziare i parametri per gli obiettivi di lotta al cambiamento climatico e gli altri sistemi messi in atto per fare in modo che il santo consumatore possa continuare nella sua vita votata all'acquisto di beni inutili come se niente fosse e come se l'economia non stesse affrontando una crisi di proporzioni mondiali che non ha eguali nella storia degli ultimi cinquant'anni, mi fanno venire in mente qualcuno che, essendosi accorto che la propria vasca da bagno è crepata, non volendo assolutamente rinunciare al bagno serale copre le crepe con lo scotch e riempie nuovamente d'acqua la vasca. Gli dareste del pazzo, dell'irresponsabile, dell'avventato, vero?
Invece stranamente le voci che si levano a protestare contro l'inno alle sorti migliori e progressive dell'economia globalizzata su larga scala sono decisamente poche.

Povertà, l'allarme della Caritas - "A rischio 15 milioni di italiani" è uno dei titoli della Repubblica di oggi. In un Paese in cui ci si lascia abbindolare dai beni superflui e ci si riempie di rate fino al collo per acquistare qualcosa che non ci si può permettere e che verrà buttato in un angolo una volta acquistato, la povertà è uno spauracchio che giorno dopo giorno assume dimensioni soprannaturali, metafisiche, al di là dell'umana comprensione.
In un Paese in cui meno di cent'anni fa i giovani emigravano in massa all'estero perché non c'era modo di mantenersi e venivano trattati come rifiuti nei Paesi in cui trovavano lavoro, ci si ricorda del proprio passato di emigranti poveri solo quando ci sono le kermesse commemorative organizzate dalle Associazioni di Italiani all'estero.
In un Paese che ha trascorso l'ultima Guerra Mondiale sperimentando i morsi della fame e in cui oggi avanzano in maniera preoccupante obesità, infarto, diabete e malattie cardiocircolatorie, si preferisce voltare la testa dall'altra parte quando qualcuno sottolinea che basterebbe ripensare le proprie abitudini alimentari per incidere profondamente sull'economia.
Ma tutto questo si può dimenticare, si può negare, si può deridere. Costa così poco, farlo. O forse no?

A spaventare terribilmente è l'idea di ritrovarsi di colpo come quei milioni e milioni di persone che vivono in tutto il mondo ben al di sotto della soglia di povertà che noi concepiamo come tale a causa di quella stessa economia che scricchiola in questi giorni. Difficile ammetterlo, ma è così.

Cosa fare, allora? Non ho ricette, non ho soluzioni, non ho parole magiche. Né è il mio compito, del resto. Ho però un volume da consigliare a quanti vogliono chiarirsi le idee, trovare spunti di riflessione, iniziare a farsi domande. Si intitola Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone (Globalization. The Human Consequences) ed è stato profeticamente scritto da Zygmunt Bauman ben dieci anni fa, nel 1998. In Italia è pubblicato da Laterza nella collana Economica. Bauman non ha bisogno di presentazioni o introduzioni. Mi limito a citare un breve passo contenuto nell'introduzione, a pp.7/8. Chissà che non vi ricordi qualcosa:

L'ultimo capitolo esplora quali sono le espressioni estreme della polarizzazione: l'attuale tendenza a criminalizzare i casi che si pongono al di sotto delle norme idealizzate e il ruolo che gioca il processo di criminalizzazione nel controbilanciare gli aspetti negativi della "vita in movimento": esso serve a rendere ancora più odiose e repellenti la rappresentazione e la realtà di una vita alternativa, una vita di immobilità. Il complesso problema della insicurezza esistenziale che il processo di globalizzazione comporta, alla fine sembra ridursi a quello, apparentemente semplice, "della legge e dell'ordine". In questo processo, le preoccupazioni per le condizioni di "sicurezza", preoccupazioni che si limitano nella maggior parte dei casi alla sicurezza della propria persona e dei propri beni, vengono "sovraccaricate" delle ansietà generate da altri, e cruciali, aspetti della vita attuale: l'insicurezza e l'incertezza.

2 commenti:

Doll Cult-ure ha detto...

brava. il tuo post è alimento per una maggiore consavolezza!

Azzurra Camoglio [She/Her] ha detto...

Grazie!
Spero che in tanti inizino a porsi delle domande che finora non hanno voluto o potuto porsi!