Mi trovo mio malgrado in contatto, anche se per fortuna solo per pochi minuti, con una delle persone che indirettamente detesto pur senza conoscerle, ovvero quelle a causa delle quali quando qualcuno scopre che ho dei tatuaggi dice con scherno misto a sufficienza: Ah, hai dei tatuaggi.
Una di quelle persone modaiole e scriteriate che si tatuano così, tanto per farlo, perché va di moda, perché si usa, perché è trendy, perché fa fine, perché è in... scegliete l'espressione stupida che preferite.
Arrivo da Pier e trovo in sala d'attesa una donna giovane con una bimba piccola, che continua a cantilenare ininterrottamente dubbi e incertezze per quasi venti minuti e abbandona il campo solo perché deve accompagnare la figlia a scuola.
Purtroppo però decide di tornare subito dopo e, incurante del fatto che Pier stia lavorando ovvero tatuando una persona, riprende la sua cantilena il cui concetto fondamentale, declinato in almeno dieci modi diversi tutti fastidiosi, è: Voglio farmi un tatuaggio ma non so cosa fare. Sono indecisa, ho le idee confuse. Non so bene cosa voglio.
Non sa che soggetto scegliere, non sa che stile scegliere, non sa che dimensioni scegliere, non sa se farlo in bianco e nero o a colori, non è sicura nemmeno della zona del corpo in cui collocarlo.
E io, infastidita dalla sua idiozia, penso tra me e me: Ma allora non farlo, no?
Stai per incidere in maniera permanente la tua pelle inserendovi pigmenti colorati. Il processo è doloroso, costoso e fastidioso e richiede cure e attenzioni, sia sul breve sia sul lungo periodo. Mette a rischio la salute, va eseguito da personale specializzato e aggredisce la pelle lasciandovi sopra segni indelebili, a meno di aggredirla nuovamente con laser, cover, creme e pomate che sinceramente non mi ispirano per niente.
Si presume che dovrebbe essere una scelta meditata, consapevole, coerente con il resto della tua persona e della tua vita. Una scelta da portare a termine dopo averci riflettuto a lungo, in piena autonomia e spinti da una convinzione alquanto salda, ma no. Lei ricomincia la cantilena lamentosa e non accenna a smettere, anche se Pier la lascia da sola in sala d'aspetto e riprende il suo lavoro.
Va avanti ancora a lungo, poi finalmente saluta e se ne va, minacciando di inviare files di prova e di tornare nel pomeriggio. Scopro che la scena si è ripetuta identica anche ieri. Probabilmente si ripeterà anche domani e probabilmente alla fine si tatuerà una cosa assurda, che con lei non c'entra niente e che non le sta nemmeno bene.
Almeno, a differenza di tanti altri stupidi che credendo di essere fighi ostentano in giro tatuaggi orribili degni dei proverbiali carcerati oppure macchie scolorite di dubbia provenienza, ha scelto un bravo tatuatore per cui il disegno sarà bello e non si rovinerà nel tempo. Ma il resto non cambia.
Continuo a pensare all'aria di compatimento con cui le persone mi dicono da oltre un decennio: Ah, hai dei tatuaggi. Vista dal vivo e in diretta la coglionaggine di una delle persone a causa delle quali me lo sento dire, come dar torto a chi pensa che chiunque si faccia tatuare sia solo un povero fesso pecorone e insicuro che snatura il proprio corpo senza sapere cosa sta facendo?
Una di quelle persone modaiole e scriteriate che si tatuano così, tanto per farlo, perché va di moda, perché si usa, perché è trendy, perché fa fine, perché è in... scegliete l'espressione stupida che preferite.
Arrivo da Pier e trovo in sala d'attesa una donna giovane con una bimba piccola, che continua a cantilenare ininterrottamente dubbi e incertezze per quasi venti minuti e abbandona il campo solo perché deve accompagnare la figlia a scuola.
Purtroppo però decide di tornare subito dopo e, incurante del fatto che Pier stia lavorando ovvero tatuando una persona, riprende la sua cantilena il cui concetto fondamentale, declinato in almeno dieci modi diversi tutti fastidiosi, è: Voglio farmi un tatuaggio ma non so cosa fare. Sono indecisa, ho le idee confuse. Non so bene cosa voglio.
Non sa che soggetto scegliere, non sa che stile scegliere, non sa che dimensioni scegliere, non sa se farlo in bianco e nero o a colori, non è sicura nemmeno della zona del corpo in cui collocarlo.
E io, infastidita dalla sua idiozia, penso tra me e me: Ma allora non farlo, no?
Stai per incidere in maniera permanente la tua pelle inserendovi pigmenti colorati. Il processo è doloroso, costoso e fastidioso e richiede cure e attenzioni, sia sul breve sia sul lungo periodo. Mette a rischio la salute, va eseguito da personale specializzato e aggredisce la pelle lasciandovi sopra segni indelebili, a meno di aggredirla nuovamente con laser, cover, creme e pomate che sinceramente non mi ispirano per niente.
Si presume che dovrebbe essere una scelta meditata, consapevole, coerente con il resto della tua persona e della tua vita. Una scelta da portare a termine dopo averci riflettuto a lungo, in piena autonomia e spinti da una convinzione alquanto salda, ma no. Lei ricomincia la cantilena lamentosa e non accenna a smettere, anche se Pier la lascia da sola in sala d'aspetto e riprende il suo lavoro.
Va avanti ancora a lungo, poi finalmente saluta e se ne va, minacciando di inviare files di prova e di tornare nel pomeriggio. Scopro che la scena si è ripetuta identica anche ieri. Probabilmente si ripeterà anche domani e probabilmente alla fine si tatuerà una cosa assurda, che con lei non c'entra niente e che non le sta nemmeno bene.
Almeno, a differenza di tanti altri stupidi che credendo di essere fighi ostentano in giro tatuaggi orribili degni dei proverbiali carcerati oppure macchie scolorite di dubbia provenienza, ha scelto un bravo tatuatore per cui il disegno sarà bello e non si rovinerà nel tempo. Ma il resto non cambia.
Continuo a pensare all'aria di compatimento con cui le persone mi dicono da oltre un decennio: Ah, hai dei tatuaggi. Vista dal vivo e in diretta la coglionaggine di una delle persone a causa delle quali me lo sento dire, come dar torto a chi pensa che chiunque si faccia tatuare sia solo un povero fesso pecorone e insicuro che snatura il proprio corpo senza sapere cosa sta facendo?
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