Che non seguo il calcio sarà da Italia '90, credo.
Anche prima non è che lo seguissi molto, veramente. Ma da allora non ho mai più seguito campionati, calcio mercato, borsini, formazioni, giocatori, premi, tornei, coppe e nemmeno i Mondiali. Sono credo una delle cinque persone che non hanno seguito gli ultimi Mondiali di calcio, che non hanno esultato per la vittoria dell'Italia e ho anzi trovato le manifestazioni di gioia abbastanza irritanti e fastidiose. Ma questa è un'altra storia.
Dal momento che non tifo per nessuna squadra e non me ne importa niente del calcio, fino a pochi minuti fa non sapevo chi fosse Christian Abbiati, non sapevo nemmeno che esistesse, non sapevo che giocasse nel Milan, non sapevo che fosse un portiere. Non sapevo nemmeno che fosse fascista (o meglio che si professi tale, in un Paese in cui teoricamente per quanto ne so l'apologia di fascismo è ancora un reato, almeno per ora) e che avesse la mia età.
E sinceramente, vista la levatura del personaggio, credo avrei potuto benissimo continuare a vivere bene lo stesso, senza patire granché per questa mancanza, dal momento che parliamo di una persona che per tirare calci a un pallone o per pararne uno indossando un paio di calzoncini griffati una volta alla settimana guadagna in un anno quello che io, laureata a pieni voti, non guadagnerò in tutta la vita. Ma anche questa è un'altra storia.
Ho comunque letto con interesse L'outing ipocrita del calciatore fascista, la lettera aperta che gli ha dedicato su MicroMega Emilio Carnevali. Ne riporto la prima parte, invitandovi a leggerla per intero sul sito di MicroMega.
Anche prima non è che lo seguissi molto, veramente. Ma da allora non ho mai più seguito campionati, calcio mercato, borsini, formazioni, giocatori, premi, tornei, coppe e nemmeno i Mondiali. Sono credo una delle cinque persone che non hanno seguito gli ultimi Mondiali di calcio, che non hanno esultato per la vittoria dell'Italia e ho anzi trovato le manifestazioni di gioia abbastanza irritanti e fastidiose. Ma questa è un'altra storia.
Dal momento che non tifo per nessuna squadra e non me ne importa niente del calcio, fino a pochi minuti fa non sapevo chi fosse Christian Abbiati, non sapevo nemmeno che esistesse, non sapevo che giocasse nel Milan, non sapevo che fosse un portiere. Non sapevo nemmeno che fosse fascista (o meglio che si professi tale, in un Paese in cui teoricamente per quanto ne so l'apologia di fascismo è ancora un reato, almeno per ora) e che avesse la mia età.
E sinceramente, vista la levatura del personaggio, credo avrei potuto benissimo continuare a vivere bene lo stesso, senza patire granché per questa mancanza, dal momento che parliamo di una persona che per tirare calci a un pallone o per pararne uno indossando un paio di calzoncini griffati una volta alla settimana guadagna in un anno quello che io, laureata a pieni voti, non guadagnerò in tutta la vita. Ma anche questa è un'altra storia.
Ho comunque letto con interesse L'outing ipocrita del calciatore fascista, la lettera aperta che gli ha dedicato su MicroMega Emilio Carnevali. Ne riporto la prima parte, invitandovi a leggerla per intero sul sito di MicroMega.
p.s. Inizialmente avevo cercato per il post una immagine del calciatore in questione, ma poi ho preferito pubblicare qualcosa di più interessante, come una scena tratta da Fuga per la vittoria di John Huston. Un film che consiglierei a molti, calciatori e non, di vedere o rivedere.
Leggo una tua intervista rilasciata a Sport Week (supplemento della Gazzetta) in cui dichiari la tua fede negli ideali del fascismo, ultimo di una lunga serie di calciatori che condividono le tue stesse simpatie politiche.
Hai poi detto che eri sicuro che la cosa avrebbe provocato scalpore ma non ti volevi tirare indietro nel manifestare il tuo pensiero e le tue opinioni. A me francamente non hanno sorpreso più di tanto le tue dichiarazioni.
In effetti non vedo perché, nell’Italia di oggi e nel calcio di oggi, ragazzi ricchi oltre ogni limite del decoro sociale e ignoranti oltre il limite della umana decenza, cresciuti in un ambiente di esasperato agonismo, ottuso maschilismo, rigida gerarchizzazione delle relazioni, razzismo sfrontatamente ostentato, dovrebbero pensarla diversamente.
E non mi riferisco qui all’ambiente del calcio che conta, la cui patinata vacuità in un certo senso riesce a tenere a freno, grazie al sapiente lavoro della laicizzazione mercantile, le esuberanze più compromettenti e vistose. Mi riferisco a quel mondo delle giovanili (in cui anche tu sarai cresciuto) e del dilettantismo, ai campetti di periferia, cantati da De Gregori e descritti dalle meravigliose pagine di scrittori come Osvaldo Soriano.
In realtà quei campetti di una umanità gioiosa, scanzonata e solidale, sono qui da noi – oggi – solo una suggestione letteraria. Non parlo per sentito dire, avendo girato centinaia di campi e campetti della periferia romana nella mia lunga e non fortunatissima carriera di ruvido terzino destro di una squadra di infima divisione (pur se di discreta caratura a livello giovanile).
Chi parla di un calcio corrotto dagli interessi economici e dal circo mediatico che ci ruota attorno – comprese le curve neofasciste con la loro arcaicizzante lotta contro il “calcio moderno”, spesso guardata con simpatia a sinistra per le sue venature anticapitaliste – forse non ha mai sentito le grida di quei padri (e tantissime madri) indiavolati ai bordi di quei campetti ad imprecare contro i figli – degli altri, ma soprattutto propri, per qualche errore di appoggio o di disimpegno – o non ha mai assistito alle devastanti risse che quasi immancabilmente si scatenano dopo decisioni controverse di arbitri-eroi che non so quale fanatismo religioso, quale irresistibile pulsione al martirio spinge fino a quelle lande desolate.
Per continuare a leggere l'articolo su MicroMega:
L'outing ipocrita del calciatore fascista
Lettera aperta al portiere del Milan Abbiati
Leggo una tua intervista rilasciata a Sport Week (supplemento della Gazzetta) in cui dichiari la tua fede negli ideali del fascismo, ultimo di una lunga serie di calciatori che condividono le tue stesse simpatie politiche.
Hai poi detto che eri sicuro che la cosa avrebbe provocato scalpore ma non ti volevi tirare indietro nel manifestare il tuo pensiero e le tue opinioni. A me francamente non hanno sorpreso più di tanto le tue dichiarazioni.
In effetti non vedo perché, nell’Italia di oggi e nel calcio di oggi, ragazzi ricchi oltre ogni limite del decoro sociale e ignoranti oltre il limite della umana decenza, cresciuti in un ambiente di esasperato agonismo, ottuso maschilismo, rigida gerarchizzazione delle relazioni, razzismo sfrontatamente ostentato, dovrebbero pensarla diversamente.
E non mi riferisco qui all’ambiente del calcio che conta, la cui patinata vacuità in un certo senso riesce a tenere a freno, grazie al sapiente lavoro della laicizzazione mercantile, le esuberanze più compromettenti e vistose. Mi riferisco a quel mondo delle giovanili (in cui anche tu sarai cresciuto) e del dilettantismo, ai campetti di periferia, cantati da De Gregori e descritti dalle meravigliose pagine di scrittori come Osvaldo Soriano.
In realtà quei campetti di una umanità gioiosa, scanzonata e solidale, sono qui da noi – oggi – solo una suggestione letteraria. Non parlo per sentito dire, avendo girato centinaia di campi e campetti della periferia romana nella mia lunga e non fortunatissima carriera di ruvido terzino destro di una squadra di infima divisione (pur se di discreta caratura a livello giovanile).
Chi parla di un calcio corrotto dagli interessi economici e dal circo mediatico che ci ruota attorno – comprese le curve neofasciste con la loro arcaicizzante lotta contro il “calcio moderno”, spesso guardata con simpatia a sinistra per le sue venature anticapitaliste – forse non ha mai sentito le grida di quei padri (e tantissime madri) indiavolati ai bordi di quei campetti ad imprecare contro i figli – degli altri, ma soprattutto propri, per qualche errore di appoggio o di disimpegno – o non ha mai assistito alle devastanti risse che quasi immancabilmente si scatenano dopo decisioni controverse di arbitri-eroi che non so quale fanatismo religioso, quale irresistibile pulsione al martirio spinge fino a quelle lande desolate.
Per continuare a leggere l'articolo su MicroMega:
L'outing ipocrita del calciatore fascista
Lettera aperta al portiere del Milan Abbiati
4 commenti:
Pure io non seguo il calcio da Italia '90!
Pensi anche tu che si viva benissimo anche senza?
E senza polemiche, scandali e dichiarazioni inutili?
Dico solo questo: mesi fa ero in palestra, e con sorpresa noto che non c'era nessuno. "E che, tutti in sciopero?".
Torno a casa, c'era un'atmosfera strana: le strade più silenziose....
Accendo la tv e capisco tutto: c'era la partita Italia-Romania!
"Aaah, ecco...", mi sono detto. Ho spento la tv e sono andato di là a farmi una birra.
Per Andrea: ottima reazione!
Nella vita è fondamentale rimanere lucidi mentre tutti gli altri perdono la testa.
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