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martedì 8 luglio 2008

A volte ritornano... la redazione-gineceo di "Gioia" alle prese col termine "zitella"

[Copertina di Gioia n.28/2008,
immagine scattata l'8 luglio 2008]

Con buona pace mia e del Servizio clienti Hachette Rusconi, pur avendo disdetto da diverse settimane l'abbonamento che avevo sottoscritto per un anno, ho continuato a ricevere per alcune settimane una copia di Gioia, di nuovo solo Gioia e non più Gioia & Co.
E fin qui, in fondo, potreste anche dire Chissenefrega.

Ma vorrei attirare la vostra attenzione sulla copertina che trovate a inizio post e sul titolone che vi campeggia sopra:

Indagine su Naomi
Fino a che punto puoi fare i capricci senza diventare una zitella

Premessa #1
Non sono affatto una fan di Naomi Campbell.

Premessa #2
Non me ne frega niente di Naomi Campbell e dei suoi amori o disamori.

Premessa #3
Considero buona parte delle modelle braccia rubate di peso all'agricoltura e buttate con meno peso in passerella per instillare nelle donne normali sensi di colpa atavici per il proprio aspetto esteriore/la propria età anagrafica da tacitare spendendo e spandendo in beveroni dietetici, abiti inutilmente costosi, cosmetici provatamente cancerogeni e palestre super-accessoriate.

Nonostante tutte le suddette premesse, trovo francamente inconcepibile che un giornale considerato "al femminile", soprattutto spacciato come "per donne" e diretto da donne [sono donne il direttore responsabile, il vicedirettore, il caposervizio Attualità, il caporedattore Moda, il caporedattore Bellezza, la segretaria di direzione, le responsabili della ricerca iconografica, le segretarie di redazione e il caporedattore dei Servizi speciali... insomma un gineceo, NdR] se ne esca con un titolo talmente maschilista da far supporre un'ironia che al momento non riesco a scorgere.

Zitella?
Da quando si usa di nuovo quella parola? O meglio, da quando si usa di nuovo in quel senso?
Da quando l'avere o meno un brutto carattere o l'essere francamente una stronza vengono liquidati con un sarcastico rimando alla presunta zitellaggine della signorina in questione?
E soprattutto, da quando una donna deve dare spiegazioni se è una "zitella"?

Se persino i periodici teoricamente gestiti e pensati da donne sono così infarciti di stereotipi sessisti, come ci si può ancora stupire della desolante condizione femminile di cui beneficiano ogni giorno milioni di donne nel Paese delle Veline e delle Letterine?

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