La rete è una gran cosa, continuo a ribadirlo: permette di avere accesso a informazioni altrimenti introvabili o molto ben nascoste, permette di incontrare persone interessanti, permette di approfondire questioni basilari o semplici curiosità etc. etc.
Ma ci sono episodi che mi ricordano quanto spesso anche nella rete gli equilibri siano precari, le fonti non sempre autorevoli e l'equivoco/l'errore/il malinteso in agguato. Anche complice una certa disattenzione o troppa fiducia nei confronti di chi ci circonda, ovviamente.
Ho già ricevuto almeno quattro volte negli ultimi dieci giorni una catena e-mail contenente la seguente "poesia":
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali
e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti
ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Fin qui, niente di male. Concordo anche con il messaggio che la suddetta "poesia" veicola. Peccato che venga attribuita a Bertolt Brecht e che nessuna delle persone che me l'hanno inviata - e che a loro volta l'hanno ricevuta da altre persone - si sia preoccupata di verificare la fonte.
Tale "poesia" non è di Bertolt Brecht. E per verificarlo non c'è bisogno di annose indagini, basta un giro veloce su Wikipedia. Sull'edizione italiana, per giunta.
Non c'è bisogno di andare lontano o di conoscere l'inglese, insomma.
La "poesia" e il messaggio che veicola sono condivisibili ma inoltrare continuamente e a tappeto qualcosa di interessante/valido/utile contenente però dati scorretti - e oltretutto a essere scorretto è uno degli elementi di maggior forza del testo, ossia l'attribuzione a un autore il cui prestigio e il cui impegno antinazista sono una sorta di valore aggiunto - mina l'autorevolezza del messaggio, ne diminuisce la credibilità e l'impatto.
Oltre a mettere in dubbio la serietà o perlomeno l'attenzione delle persone che lo veicolano.
Critichiamo sempre i giornalisti e i media definendoli prezzolati, poco attenti e superficiali e rimproverando loro di non verificare o rispettare le fonti, ma casi come questo mi ricordano fastidiosamente che la rete non è certo un'isola felice, a tal proposito.
Ma ci sono episodi che mi ricordano quanto spesso anche nella rete gli equilibri siano precari, le fonti non sempre autorevoli e l'equivoco/l'errore/il malinteso in agguato. Anche complice una certa disattenzione o troppa fiducia nei confronti di chi ci circonda, ovviamente.
Ho già ricevuto almeno quattro volte negli ultimi dieci giorni una catena e-mail contenente la seguente "poesia":
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali
e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti
ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Fin qui, niente di male. Concordo anche con il messaggio che la suddetta "poesia" veicola. Peccato che venga attribuita a Bertolt Brecht e che nessuna delle persone che me l'hanno inviata - e che a loro volta l'hanno ricevuta da altre persone - si sia preoccupata di verificare la fonte.
Tale "poesia" non è di Bertolt Brecht. E per verificarlo non c'è bisogno di annose indagini, basta un giro veloce su Wikipedia. Sull'edizione italiana, per giunta.
Non c'è bisogno di andare lontano o di conoscere l'inglese, insomma.
La "poesia" e il messaggio che veicola sono condivisibili ma inoltrare continuamente e a tappeto qualcosa di interessante/valido/utile contenente però dati scorretti - e oltretutto a essere scorretto è uno degli elementi di maggior forza del testo, ossia l'attribuzione a un autore il cui prestigio e il cui impegno antinazista sono una sorta di valore aggiunto - mina l'autorevolezza del messaggio, ne diminuisce la credibilità e l'impatto.
Oltre a mettere in dubbio la serietà o perlomeno l'attenzione delle persone che lo veicolano.
Critichiamo sempre i giornalisti e i media definendoli prezzolati, poco attenti e superficiali e rimproverando loro di non verificare o rispettare le fonti, ma casi come questo mi ricordano fastidiosamente che la rete non è certo un'isola felice, a tal proposito.
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