Un inverno a lume di candela, appoggiati ad un termosifone freddo come il ghiaccio? Potete cominciare prendendovela con il condizionatore che avete deciso di installare, dopo essere sopravvissuti alla torrida estate del 2003. I consumi elettrici italiani sono stati sempre più alti a luglio che a gennaio. Ma fra il luglio 2001 (prima che l'aria condizionata diventasse un'abitudine) e il luglio 2007, l'aumento della domanda di energia è stata superiore al 15 per cento.
Fra gennaio 2001 e gennaio 2007, solo del 10 per cento. Insomma, il fresco artificiale d'estate ci ha fatto arrivare sgonfi di riserve all'autunno. Identificare un complesso di colpa, però, non porta lontano. Perché 10 o 15 per cento è comunque troppo, soprattutto per un paese povero di energia come l'Italia. L'allarme lanciato dall'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, si poggia, infatti, su tre elementi, indifferenti alle stagioni. La domanda di elettricità in Italia sta crescendo molto rapidamente. Questa domanda è soddisfatta soprattutto dal gas che, contemporaneamente, copre anche il grosso del riscaldamento. Gli approvigionamenti di gas non sono né certi, né sicuri.
Non è il primo allarme e non siamo i soli a rischiare. Anche l'inverno scorso poteva finire al freddo e al buio, in Europa e non solo. "Il mondo - scrive l'Aie, l'agenzia per l'energia dell'Ocse, l'organizzazione dei paesi industrializzati, nel suo ultimo rapporto sul gas - nel 2006 ha schivato una pallottola, perché un inverno molto mite ha alleggerito la pressione sulla domanda di gas". Ma, avverte il rapporto, "l'offerta rimane ridotta". Per il gas, al contrario che per il petrolio, i dubbi non riguardano (o non ancora) le riserve effettivamente disponibili, ma il loro sfruttamento.
Il timore degli esperti dell'Ocse è che i paesi da cui proviene il grosso delle forniture all'Europa non stiano effettuando gli investimenti sufficienti in pozzi e gasdotti per far fronte al futuro aumento di domanda. Non è un timore generico: l'Aie si chiede apertamente se Gazprom, il gigante russo che sta avviandosi a diventare il maggior fornitore europeo, non abbia già firmato contratti di fornitura per importi di gas superiori a quelli di cui effettivamente disporrà al momento previsto per la consegna.
Se il mondo ha schivato una pallottola, però, l'Italia nel 2006 l'ha sentita fischiare all'orecchio e, più degli altri, ha ragione di temere il prossimo inverno. Nessuno, infatti, rischia il freddo e il buio come noi. Per i suoi bisogni di energia, l'Italia dipende dall'estero per l'85 per cento. La media in Europa è del 53 per cento. E, per produrre elettricità, ci serviamo soprattutto del gas: il 44 per cento dell'elettricità delle nostre centrali viene dalla combustione del metano. E' l'altra faccia della medaglia delle nostre virtù. Gli altri paesi europei ricorrono, infatti, ancora largamente al carbone (il più inquinante dei combustibili fossili, con le tecnologie attuali) e al nucleare (che ha controindicazioni anche più vaste e pesanti). Ma, nel mondo difficile dell'energia, dove ogni scelta ha il suo rovescio, la virtù, spesso, non paga. Nel caso specifico, ci ha vincolati al gas naturale e alla sua tormentata geopolitica.
Per capire come sarà l'inverno, bisognerà guardare ai due capi della penisola, l'estremo nord est e l'estremo sud ovest: il passo del Tarvisio, in Friuli, e Mazara del Vallo in Sicilia. Al primo arriva il gasdotto che arriva dalla Russia, a Mazara quello algerino. Insieme, i due paesi si spartiscono, in parti quasi uguali, oltre il 70 per cento delle nostre forniture attuali di gas. Una concentrazione pericolosa, anche perché Algeria e Russia sono pure i maggiori fornitori del resto d'Europa. Se si aprisse un buco nella disponibilità di gas - come fanno temere le rinnovate tensioni fra Russia e Ucraina, sul cui territorio passa buona parte del gas Gazprom - non sarà facile chiedere aiuto al resto della Ue.
Neanche l'alternativa più immediatamente disponibile - i rigassificatori, che consentirebbero di importare gas da altri paesi, come il Qatar - è in realtà facilmente praticabile. Da Russia e Algeria importiamo ogni anno 90 miliardi di metri cubi di gas. Se tutti i rigassificatori progettati in Italia (13) entrassero in funzione, ne otterremmo così 70 miliardi. Ma in Italia ce n'è in funzione solo uno (peraltro in una zona ad alto potenziale turistico, come le Cinque Terre). Gli altri sono fermi sulle carte dei progettisti. E non è detto che il gas arriverebbe con le metaniere. Anche altri paesi, come Francia, Spagna e Usa, stanno costruendo rigassificatori. E l'Aie avverte che mancano gli impianti alla fonte, vicino ai pozzi. Gli investimenti per gli impianti di liquefazione necessari a soddisfare la domanda prevedibile dovrebbero partire subito. Ma, negli ultimi 18 mesi, nei paesi produttori, ne è stato varato solo uno. Non resta che incrociare le dita: magari l'effetto serra ci regala un altro inverno mite.
Fra gennaio 2001 e gennaio 2007, solo del 10 per cento. Insomma, il fresco artificiale d'estate ci ha fatto arrivare sgonfi di riserve all'autunno. Identificare un complesso di colpa, però, non porta lontano. Perché 10 o 15 per cento è comunque troppo, soprattutto per un paese povero di energia come l'Italia. L'allarme lanciato dall'amministratore delegato dell'Enel, Fulvio Conti, si poggia, infatti, su tre elementi, indifferenti alle stagioni. La domanda di elettricità in Italia sta crescendo molto rapidamente. Questa domanda è soddisfatta soprattutto dal gas che, contemporaneamente, copre anche il grosso del riscaldamento. Gli approvigionamenti di gas non sono né certi, né sicuri.
Non è il primo allarme e non siamo i soli a rischiare. Anche l'inverno scorso poteva finire al freddo e al buio, in Europa e non solo. "Il mondo - scrive l'Aie, l'agenzia per l'energia dell'Ocse, l'organizzazione dei paesi industrializzati, nel suo ultimo rapporto sul gas - nel 2006 ha schivato una pallottola, perché un inverno molto mite ha alleggerito la pressione sulla domanda di gas". Ma, avverte il rapporto, "l'offerta rimane ridotta". Per il gas, al contrario che per il petrolio, i dubbi non riguardano (o non ancora) le riserve effettivamente disponibili, ma il loro sfruttamento.
Il timore degli esperti dell'Ocse è che i paesi da cui proviene il grosso delle forniture all'Europa non stiano effettuando gli investimenti sufficienti in pozzi e gasdotti per far fronte al futuro aumento di domanda. Non è un timore generico: l'Aie si chiede apertamente se Gazprom, il gigante russo che sta avviandosi a diventare il maggior fornitore europeo, non abbia già firmato contratti di fornitura per importi di gas superiori a quelli di cui effettivamente disporrà al momento previsto per la consegna.
Se il mondo ha schivato una pallottola, però, l'Italia nel 2006 l'ha sentita fischiare all'orecchio e, più degli altri, ha ragione di temere il prossimo inverno. Nessuno, infatti, rischia il freddo e il buio come noi. Per i suoi bisogni di energia, l'Italia dipende dall'estero per l'85 per cento. La media in Europa è del 53 per cento. E, per produrre elettricità, ci serviamo soprattutto del gas: il 44 per cento dell'elettricità delle nostre centrali viene dalla combustione del metano. E' l'altra faccia della medaglia delle nostre virtù. Gli altri paesi europei ricorrono, infatti, ancora largamente al carbone (il più inquinante dei combustibili fossili, con le tecnologie attuali) e al nucleare (che ha controindicazioni anche più vaste e pesanti). Ma, nel mondo difficile dell'energia, dove ogni scelta ha il suo rovescio, la virtù, spesso, non paga. Nel caso specifico, ci ha vincolati al gas naturale e alla sua tormentata geopolitica.
Per capire come sarà l'inverno, bisognerà guardare ai due capi della penisola, l'estremo nord est e l'estremo sud ovest: il passo del Tarvisio, in Friuli, e Mazara del Vallo in Sicilia. Al primo arriva il gasdotto che arriva dalla Russia, a Mazara quello algerino. Insieme, i due paesi si spartiscono, in parti quasi uguali, oltre il 70 per cento delle nostre forniture attuali di gas. Una concentrazione pericolosa, anche perché Algeria e Russia sono pure i maggiori fornitori del resto d'Europa. Se si aprisse un buco nella disponibilità di gas - come fanno temere le rinnovate tensioni fra Russia e Ucraina, sul cui territorio passa buona parte del gas Gazprom - non sarà facile chiedere aiuto al resto della Ue.
Neanche l'alternativa più immediatamente disponibile - i rigassificatori, che consentirebbero di importare gas da altri paesi, come il Qatar - è in realtà facilmente praticabile. Da Russia e Algeria importiamo ogni anno 90 miliardi di metri cubi di gas. Se tutti i rigassificatori progettati in Italia (13) entrassero in funzione, ne otterremmo così 70 miliardi. Ma in Italia ce n'è in funzione solo uno (peraltro in una zona ad alto potenziale turistico, come le Cinque Terre). Gli altri sono fermi sulle carte dei progettisti. E non è detto che il gas arriverebbe con le metaniere. Anche altri paesi, come Francia, Spagna e Usa, stanno costruendo rigassificatori. E l'Aie avverte che mancano gli impianti alla fonte, vicino ai pozzi. Gli investimenti per gli impianti di liquefazione necessari a soddisfare la domanda prevedibile dovrebbero partire subito. Ma, negli ultimi 18 mesi, nei paesi produttori, ne è stato varato solo uno. Non resta che incrociare le dita: magari l'effetto serra ci regala un altro inverno mite.
Maurizio Ricci, 12 settembre 2007
Nessun commento:
Posta un commento