Un anti-eroe come non ce ne sono più: apparentemente cinico, freddo, disincantato per due terzi di film, e oltre. Ma fin dal suo arrivo in città, in mezzo all'ostilità generale, è evidente che si tratta di una facciata, che l'avventuriero e cacciatore di taglie interpretato da Henry Fonda è un uomo onesto, coraggioso, l'incarnazione dei sani principi morali del pioniere pronto a battersi per far rispettare la legge e la giustizia. Il cattivissimo Henry Fonda voluto da Sergio Leone è ancora lontano, così come il Norman Bates di Psycho che presto imprigionerà per sempre un interprete sensibile come Anthony Perkins.
Machismo d'ordinanza - le donne devono solo fare figli, la nascita di un maschio è festa grande - ma dialoghi che invitano alla tolleranza e alla convivenza pacifica, anche se i "cattivi" sono ovviamente mezzosangue indiani, fra cui un Lee Van Cleef molto giovane ma già in grado di tratteggiare un antagonista negativo con pochissimi sguardi, gesti, sfumature.
Sparatorie poche, in un film la cui morale di fondo è che tutti sono in grado di maneggiare una pistola, ma serve usare prima di tutto la testa e rimanere lucidi; una vittima sacrificale tanto più designata nel suo essere buono, pio, saggio, gentile con tutti.
Splendido l'uso dei carrelli, dei movimenti di macchina che esplorano lo spazio e incorniciano i personaggi dentro geometrie sempre leggermente in fuga. Una panoramica circolare avvolge la piazza della cittadina presentandola allo spettatore, ma non solo: apre e chiude il film, stabilendo un cerchio perfetto entro cui l'equilibrio che si era spezzato viene ricomposto.
Sicuramente Anthony Mann sa rendere con verosimiglianza e una punta d'ironia la psicologia della folla ed è difficile non pensare alle moltitudini acefale di Fritz Lang.
Machismo d'ordinanza - le donne devono solo fare figli, la nascita di un maschio è festa grande - ma dialoghi che invitano alla tolleranza e alla convivenza pacifica, anche se i "cattivi" sono ovviamente mezzosangue indiani, fra cui un Lee Van Cleef molto giovane ma già in grado di tratteggiare un antagonista negativo con pochissimi sguardi, gesti, sfumature.
Sparatorie poche, in un film la cui morale di fondo è che tutti sono in grado di maneggiare una pistola, ma serve usare prima di tutto la testa e rimanere lucidi; una vittima sacrificale tanto più designata nel suo essere buono, pio, saggio, gentile con tutti.
Splendido l'uso dei carrelli, dei movimenti di macchina che esplorano lo spazio e incorniciano i personaggi dentro geometrie sempre leggermente in fuga. Una panoramica circolare avvolge la piazza della cittadina presentandola allo spettatore, ma non solo: apre e chiude il film, stabilendo un cerchio perfetto entro cui l'equilibrio che si era spezzato viene ricomposto.
Sicuramente Anthony Mann sa rendere con verosimiglianza e una punta d'ironia la psicologia della folla ed è difficile non pensare alle moltitudini acefale di Fritz Lang.
Nessun commento:
Posta un commento