Probabilmente la maggior parte degli spettatori di Tutta la vita davanti (2008) di Paolo Virzì non ci ha fatto particolarmente caso, ma le sequenze "accademiche" del film raccontano la situazione dell'università italiana molto meglio di qualunque inchiesta, pamphlet accusatorio, indagine demoscopica.
In poche battute apparentemente scherzose, con qualche tocco particolarmente icastico anche laddove potrebbe sembrare eccessivo, i dati salienti quanto raccapriccianti di una situazione che ha fortissime ripercussioni sulla società italiana, ci sono tutti: Marta, la giovane protagonista, si laurea a pieni voti in Filosofia teoretica discutendo la propria tesi in un'aula magna deserta, grigia, buia, spettrale, dove il suono delle sue parole si perde e dove, soprattutto, ad ascoltarla c'è solo la commissione d'esame, composta da cinque ultrasessantenni, quattro uomini particolarmente malridotti e una donna che potrebbe essere la nonna della candidata.
Al termine della discussione, la commissione si alza per dare l'abbraccio accademico alla fanciulla, trattandola ancora di più in tutto e per tutto come fosse la bella nipotina che ha dato una soddisfazione agli anziani parenti.
Ancora una sequenza ambientata nel Dipartimento di Filosofia dell'Università, dove il clima è invece caotico e poco professionale e dove gli impiegati sono scostanti e un po' rozzi, e poi il film si lascia definitivamente alle spalle l'ateneo e rivolge le proprie attenzioni altrove.
Sono alcuni giorni che continuo a ripensare con attenzione a queste sequenze, spinta dalla lettura di un articolo di Salvo Intravaia che fa il punto su un "primato" nostrano che non ha purtroppo nulla di sorprendente ma che è anzi sotto gli occhi di tutti da tempo, Italia, università matusalemme: docenti più anziani d'Europa.
Nell'invitarvi alla lettura integrale, riporto due paragrafi che trovo particolarmente significativi:
E' l'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che ci consente, anche se con i dati del 2005, il confronto con le altre realtà europee. L'età media dei nostri professori universitari (compresi i ricercatori, che abbassano la media), poco sotto i 51 anni, non trova riscontri all'estero. In Francia l'età media è pari a 45 anni, in Spagna si scende a 44 per andare ancora più giù in Germania e Portogallo, a 42 anni. Salgono in cattedra giovanissimi (38 anni) invece in Turchia.
Basta fissare l'asticella sui 34 anni per comprendere quanto siamo lontani dalle altre realtà europee. Nel nostro Paese, solo 4 docenti universitari su cento possono vantare meno di 34 anni. La percentuale di giovani schizza letteralmente in su oltralpe (il 21% di under 34 in Francia), Germania (32%) e Finlandia, dove le probabilità di stare "in cattedra" da giovanissimi è alta: 28%. Anche il Regno Unito dà molte chance (il 27% di docenti universitari con meno di 34 anni) ai propri giovani di intraprendere la carriera universitaria. Ma, ancora una volta, il record spetta alla Turchia dove il 41% dei prof ha festeggiato meno di 34 compleanni.
In poche battute apparentemente scherzose, con qualche tocco particolarmente icastico anche laddove potrebbe sembrare eccessivo, i dati salienti quanto raccapriccianti di una situazione che ha fortissime ripercussioni sulla società italiana, ci sono tutti: Marta, la giovane protagonista, si laurea a pieni voti in Filosofia teoretica discutendo la propria tesi in un'aula magna deserta, grigia, buia, spettrale, dove il suono delle sue parole si perde e dove, soprattutto, ad ascoltarla c'è solo la commissione d'esame, composta da cinque ultrasessantenni, quattro uomini particolarmente malridotti e una donna che potrebbe essere la nonna della candidata.
Al termine della discussione, la commissione si alza per dare l'abbraccio accademico alla fanciulla, trattandola ancora di più in tutto e per tutto come fosse la bella nipotina che ha dato una soddisfazione agli anziani parenti.
Ancora una sequenza ambientata nel Dipartimento di Filosofia dell'Università, dove il clima è invece caotico e poco professionale e dove gli impiegati sono scostanti e un po' rozzi, e poi il film si lascia definitivamente alle spalle l'ateneo e rivolge le proprie attenzioni altrove.
Sono alcuni giorni che continuo a ripensare con attenzione a queste sequenze, spinta dalla lettura di un articolo di Salvo Intravaia che fa il punto su un "primato" nostrano che non ha purtroppo nulla di sorprendente ma che è anzi sotto gli occhi di tutti da tempo, Italia, università matusalemme: docenti più anziani d'Europa.
Nell'invitarvi alla lettura integrale, riporto due paragrafi che trovo particolarmente significativi:
E' l'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che ci consente, anche se con i dati del 2005, il confronto con le altre realtà europee. L'età media dei nostri professori universitari (compresi i ricercatori, che abbassano la media), poco sotto i 51 anni, non trova riscontri all'estero. In Francia l'età media è pari a 45 anni, in Spagna si scende a 44 per andare ancora più giù in Germania e Portogallo, a 42 anni. Salgono in cattedra giovanissimi (38 anni) invece in Turchia.
Basta fissare l'asticella sui 34 anni per comprendere quanto siamo lontani dalle altre realtà europee. Nel nostro Paese, solo 4 docenti universitari su cento possono vantare meno di 34 anni. La percentuale di giovani schizza letteralmente in su oltralpe (il 21% di under 34 in Francia), Germania (32%) e Finlandia, dove le probabilità di stare "in cattedra" da giovanissimi è alta: 28%. Anche il Regno Unito dà molte chance (il 27% di docenti universitari con meno di 34 anni) ai propri giovani di intraprendere la carriera universitaria. Ma, ancora una volta, il record spetta alla Turchia dove il 41% dei prof ha festeggiato meno di 34 compleanni.
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