[Caselle postali d'epoca
presso il Molson Historical Society Museum (Molson, Washington),
Immagine da Alan Bauer.Com]
presso il Molson Historical Society Museum (Molson, Washington),
Immagine da Alan Bauer.Com]
Devo spedire un pacco, è quasi l'ora di pranzo e il numero di uffici postali torinesi aperti dopo le ore 14.00 scende drammaticamente a due.
Raggiungo l'ufficio Torino Centro, in Via Alfieri n.10, e scopro che tutti gli sportelli sono bloccati, per cause non meglio specificate, da oltre un'ora. All'interno, decine di persone attendono in silenzio che la situazione si sblocchi, chi seduto, chi in piedi, chi attaccato al cellulare, chi controllando la propria ineccepibile manicure.
Una signora anziana mi guarda con l'aria di chi la sa lunga, dicendomi che lei è lì da quando si è bloccato tutto; le chiedo se è bloccata tutta la rete delle Poste o solo l'ufficio Torino Centro ma lei non sa rispondere e sottintende che ho troppe pretese, nel precisarmi che lei sa solo che quell'ufficio è bloccato da oltre un'ora.
Chiedo a una dipendente delle Poste che sosta come un'anima in pena davanti all'ingresso. Lei sostiene che è bloccato solo l'ufficio Torino Centro, così mi dirigo di gran carriera verso l'ufficio Torino Porta Nuova, a meno di un km di distanza. Lo raggiungo in circa 15 minuti, mezzi pubblici e deviazione della Linea 4 permettendo, prendo diligentemente il mio numerino fortunato (?!) e dopo circa 35 minuti di attesa l'impiegato delle Poste si degna di spedire il mio pacco.
Esco dall'ufficio infastidita per la qualità pessima del servizio e la lunga attesa, ma anche calcolando 15 minuti di spostamento da un ufficio all'altro, 35 minuti di attesa e 5 minuti per sbrigare la spedizione del mio agognato pacco, ho perso comunque meno tempo di chi era in coda impassibile all'ufficio Torino Centro paralizzato da non so bene quale problema.
Non vorrei leggere a tutti i costi nell'aneddoto una metafora dell'Italia di oggi ma... la tentazione è forte.
Raggiungo l'ufficio Torino Centro, in Via Alfieri n.10, e scopro che tutti gli sportelli sono bloccati, per cause non meglio specificate, da oltre un'ora. All'interno, decine di persone attendono in silenzio che la situazione si sblocchi, chi seduto, chi in piedi, chi attaccato al cellulare, chi controllando la propria ineccepibile manicure.
Una signora anziana mi guarda con l'aria di chi la sa lunga, dicendomi che lei è lì da quando si è bloccato tutto; le chiedo se è bloccata tutta la rete delle Poste o solo l'ufficio Torino Centro ma lei non sa rispondere e sottintende che ho troppe pretese, nel precisarmi che lei sa solo che quell'ufficio è bloccato da oltre un'ora.
Chiedo a una dipendente delle Poste che sosta come un'anima in pena davanti all'ingresso. Lei sostiene che è bloccato solo l'ufficio Torino Centro, così mi dirigo di gran carriera verso l'ufficio Torino Porta Nuova, a meno di un km di distanza. Lo raggiungo in circa 15 minuti, mezzi pubblici e deviazione della Linea 4 permettendo, prendo diligentemente il mio numerino fortunato (?!) e dopo circa 35 minuti di attesa l'impiegato delle Poste si degna di spedire il mio pacco.
Esco dall'ufficio infastidita per la qualità pessima del servizio e la lunga attesa, ma anche calcolando 15 minuti di spostamento da un ufficio all'altro, 35 minuti di attesa e 5 minuti per sbrigare la spedizione del mio agognato pacco, ho perso comunque meno tempo di chi era in coda impassibile all'ufficio Torino Centro paralizzato da non so bene quale problema.
E allora la domanda è: perché pochissime persone, una volta resesi conto che l'empasse all'ufficio non era un problema risolvibile in una manciata di minuti, sono rimaste lì imbufalite ma inamovibili invece di raggiungere in pochi minuti l'ufficio di Porta Nuova?
Non vorrei leggere a tutti i costi nell'aneddoto una metafora dell'Italia di oggi ma... la tentazione è forte.
Nessun commento:
Posta un commento