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giovedì 18 ottobre 2007

Caffé macchiato caldo...

[Immagine da Gay.It]

Ringrazio Matteo per avermi segnalato questo articolo, che riproduco integralmente perché davvero merita...

Sabato scorso Insy, già “La più checca di Roma”, già “Diva del cazzo”, “Già gatta con il culo di piombo” è stata insignita nella Capitale morale d’Italia di un nuovo prestigiosissimo pseudonimo che, per i cultori dei film de Er’Monnezza non suonerà certo come particolarmente originale ma il contesto in cui mi è stato assegnato lo è davvero.

Da oggi, infatti, oltre ai suddetti titoli si aggiunge anche quello di Ricchione. Ho già contattato l’alto ufficio di araldica nobiliare e dicono che in effetti, con una sfilza di attributi del genere posso aspirare direttamente al rango di Arciduca in più, se entro la fine dell’anno me ne affibbiano un altro passo di diritto a Valletto Reale.
Insomma sabato dopo aver visto un'interminabile mostra di La Sciapel al Palazzo Reale di Milano (un presagio forse?) decidiamo di andare a mangiare qualcosa da Obika, un mozzarellaro al settimo piano della Rinascente, davanti il Duomo di Milano. L’ascensore sembrava un interregionale delle Ferrovie dello Stato dal momento che ha fatto soste di almeno 5 minuti ad ogni piano con tanto di bibitaro abusivo che entrava per vendere beni di conforto e il controllore che ci ha chiesto 2 volte di vedere il biglietto. Dopo 20 minuti arriviamo all’ultimo piano e, stremati, ci dirigiamo al ristorante.

Ordiniamo da mangiare una quantità di mozzarella tale che le mucche che ne hanno prodotto il latte adesso sono ricoverate in psichiatria bovina e ne avranno per almeno 3 settimane.
Arriva il conto e uno dei mie amici spulcia lo scontrino, poi, con molta eleganza (lui è del nord, io al posto suo avrei dato fuoco al locale) ce lo mostra e dice “leggete cosa hanno scritto infondo”. Leggiamo. “per i RICCHIONI”. Ci guardiamo in giro e cerchiamo di capire chi siano questi “ricchioni” poi, ci arrendiamo all’evidenza: siamo noi!!
Io inizio a sentire l’odore del sangue che spargerò e mi eccito come un pitbul pronto a scendere in un’arena di lotte clandestine tra cani.
Chiamiamo un cameriere e gli chiediamo di mandarci il responsabile. A questa richiesta, il cameriere (non quello che ci aveva servito) subodora il pericolo come le gazzelle braccate dalle leonesse nella savana e sbianca. Poco dopo arriva la responsabile che, letto lo scontrino diventa all’istante una statua di sale. Andiamo allora dal direttore responsabile che ha già sfoderato la shinai con la quale è pronto a fare harakiri. Viene da noi con il volto pallido come un cencio lavato e io, per metterlo a suo agio, mi presento: “salve, sono uno dei 4 ricchioni”. E’ mortificato e si scusa moltissimo promettendoci che la cosa non passerà impunita. Io giustamente risentito chiedo di parlare con “questa cima di cameriere”. Ci porta da lui. E’ per momenti del genere che la vita vale la pena di essere vissuta. “Sei tu che hai scritto ricchioni sullo scontrino?”. Lui spera che un terremoto del settimo grado della scala ricter faccia crollare il piano, la Rinascente, il palazzo, la piazza e, per sicurezza il Duomo appresso a tutto. “Si, scusa, non volevo”. No, fammi capire: stavi scrivendo “caffè macchiato” quando lo spirito di Tomas Milian si è impossessato di te e, involontariamente, ti sei trovato ad aggiungere il simpatico epiteto?
Io incalzo come la Meggillis in “Sotto Accusa”: “qualcuno di noi ti ha toccato il culo mentre servivi?” (io elegante come sempre…) “No”, risponde. “Qualcuno di noi ti ha fatto delle proposte o ti ha chiesto di andare a letto con te” (anche se forse un pensierino ce lo avevamo fatto). “No, mi dispiace”. Imperverso come una professoressa davanti ad uno studente impreparato. “Lo sai quanti ricchioni servi ogni giorno?”. “No” (ma rispondi pure? Era una domanda retorica!). “ora tu non ti preoccupare perché ci faremo risentire tramite i nostri avvocati” (giuro, io sogno di dire questa frase da quando seguivo Dainasti alle elementari).
Salutiamo cordialmente il direttore e lo invito la prossima volta a scegliere dei collaboratori un po’ più svegli. La questione infatti non è tanto quello che il cameriere possa pensare o dire sghignazzando con i colleghi in cucina mentre tagliano mozzarelle che vendono a al prezzo di collane di Bulgari (io dico cose ben peggiori e molto meno politicallli correct) ma è la leggerezza di averlo scritto che va punita. Per questo, l’idea di pagare il conto non ci ha neppure sfiorato. Non vedo perchè i soldi di 4 ricchioni avrebbero, anche solo in parte, dovuto pagare lo stipendio di uno che ci ha insultato.

L'articolo su Gay.It
Il post originale

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